Un passeggero in prima classe deride una giovane mamma e il suo bambino in lacrime… e perde il lavoro prima dell’atterraggio.

Con lo sguardo fiero, Samuel si sistemò nel suo sedile di prima classe a bordo di un volo American Airlines. Appena nominato assistente di un influente uomo d’affari del suo Stato, si era concesso questo lusso per rilassarsi prima di quella che considerava una tappa cruciale della sua carriera.

L’aeromobile prese quota più velocemente del previsto e, notando il posto vuoto accanto a lui, Samuel distese i suoi fascicoli sul bracciolo. Il ronzio del motore gli procurava una quiete ideale… finché un’assistente di volo non tornò sui suoi passi, accompagnando una giovane madre il cui neonato piagnucolava inconsolabile.

Advertisements

«Signore, potrebbe raccogliere i suoi documenti? Questa passeggera si accomoderà qui accanto per il resto del volo.»

Samuel, esterrefatto, strabuzzò gli occhi. «Cosa? No! Ho pagato molto per stare in tranquillità. Perché proprio io?»

La madre chinò il capo, scusandosi a bassa voce: sperava solo di calmare il piccolo avvicinandolo a sé. L’assistente annuì con un sorriso cortese.

«È davvero sicura di voler quel posto?» ghignò Samuel. «Se non sopporta il rumore, prenda un pullman! Perché tocca sempre a me?»

Nonostante la tensione crescente, l’assistente mantenne la calma. «Le assicuro che sarà più comodo per il bambino.»

«Assolutamente no! Un neonato che piange non è un’emergenza!» sbottò Samuel, alzando la voce e attirando gli sguardi degli altri passeggeri.

Più persone si voltarono, infastidite dai singhiozzi del piccolo. Un uomo elegante, alcune file più indietro, propose allora spontaneamente il proprio posto alla madre. Samuel si zittì e dovette obbedire.

A malincuore raccolse i suoi documenti e tentò di concentrarsi sul silenzio relativo qualche fila più indietro. In segno di sfida, ordinò un bicchiere di cognac di alta qualità. Alla fine il bambino si calmò e Samuel prese qualche sorso per riprendere contegno.

All’atterraggio, si precipitò a essere tra i primi a scendere. Il suo sguardo sprezzante si posò un’ultima volta sull’assistente, prima che il suo telefono vibrasse: era una chiamata del capo.

Si fermò davanti alla porta dell’aereo, si aggiustò la cravatta e rispose con tono professionale:

«Buongiorno, signore; siamo appena atterrati a Reagan. Posso… —»

La voce del superiore lo interruppe di colpo. «MA A COSA STAVATE PENSANDO? AVETE VISTO INTERNET?!»

Samuel, sconcertato, balbettò un «Scusi?» poi aprì l’app di Twitter: la scena era stata filmata e postata in poche ore. Migliaia di condivisioni dopo, tutti sapevano che aveva insultato una madre di famiglia.

«Mi dispiace, non mi rendevo conto…» tentò Samuel.

«Non rendersi conto di essere ripreso? State scherzando? È FINITA, EFFICACIA IMMEDIATA!» tuonò l’altro prima di riattaccare.

Samuel chiuse gli occhi, abbattuto. I passeggeri lo superavano in fretta, mentre lui si ritrovava con una panchina vuota nell’aerostazione. Il suo lavoro era svanito, la sua reputazione distrutta.

Pochi giorni dopo, lo vide in televisione il suo ex capo, affiancato dalla giovane madre: dopo aver licenziato Samuel, aveva ottenuto che American Airlines offrisse a quella famiglia voli a vita in prima classe. Quanto a Samuel, tornato in classe economica, passava le giornate a inviare curriculum su curriculum, consumato dal rimorso.

Advertisements

Leave a Comment