Un ragazzo si reca sulla tomba del fratello gemello e non torna a casa, nonostante siano già le 23 – Storia del giorno

Clark, 8 anni, ha il cuore spezzato e si sente solo dopo la morte del fratello gemello. Gli manca così tanto che un giorno decide di fuggire verso la sua tomba. Un gesto che, più tardi, si trasformerà in un vero incubo per i genitori quando si accorgeranno che il loro ragazzino non era ancora tornato a casa, nonostante fossero già passate le 23.

Perdere un figlio è senza dubbio l’incubo peggiore per un genitore. Per i Wesenberg, è diventata realtà quando, una domenica mattina, il loro piccolo Ted ha perso la vita. Purtroppo è successo in un luogo che avrebbe dovuto essere il più sicuro per la famiglia, dove nulla di male avrebbe dovuto verificarsi, eppure è stato proprio così.

Advertisements

I Wesenberg trovarono Ted senza vita nella loro piscina. Paul Wesenberg era tuffato in acqua per salvare il figlio, ma era troppo tardi: né il suo respiratore bocca a bocca, né i soccorritori chiamati in fretta riuscirono a riportare in vita il bambino.

Linda Wesenberg non riuscì a sopportare il dolore di aver perso il figlio, e restò seduta, pallida, intorpidita e immobile, durante tutto il funerale. Poi, passata una settimana dall’assenza di Ted nella casa dei Wesenberg, le cose divennero caotiche, persino brutali, e talmente dure che il piccolo Clark non poté più sopportarle.

Linda e Paul faticavano ad affrontare il lutto e litigavano continuamente ogni giorno. Ogni notte Clark sentiva rumori forti provenire dalla camera dei genitori; sua madre era sopraffatta dalla frustrazione e finiva per piangere.

Il padre incolpava la madre della morte di Ted, e la madre ricadeva ogni volta su di lui. Clark si nascondeva ogni sera sotto le coperte, stringendo il suo orsacchiotto e singhiozzando ogni volta che sentiva i genitori litigare.

Nessuna perdita è così profonda da non poter essere lenita dall’amore. Quando Ted era con lui, tutto era diverso: i genitori litigavano raramente, e sua madre non era mai triste né turbata. Gli dava un bacio della buonanotte e lo cullava fra le braccia prima di metterlo a letto, ma adesso tutto ciò non accadeva più.

Anche la colazione era scomparsa: Linda rimaneva a letto, ripetendo di sentirsi male. Paul preparava comunque toast e uova, e aveva cominciato a tornare a casa presto per preparare la cena, ma i suoi piatti non erano all’altezza di quelli di Linda.

Ted mancava terribilmente a Clark. Gli mancava così tanto che desiderava raggiungerlo… perché i genitori non si prendevano più cura del figlio che era ancora vivo. Tutto ciò che li interessava era stabilire di chi fosse la colpa della morte dell’altro figlio.

Una sera le cose peggiorarono ancora. Clark sentì di nuovo i genitori litigare, e non poté più sopportarlo. “Mamma! Papà! Per favore, smettete!”, urlò balzando nella loro camera. “Per favore, smettete! Non mi piace quando litigate!”

«Ascolta, Paul!», strillò sua madre. «Ho perso Ted per colpa tua, e adesso anche Clark ti odia!»

«Davvero, Linda?», ribatté Paul. «E tu? Non dire che Clark ti adora!»

I genitori si dimenticarono della presenza di Clark e proseguirono a litigare: di nuovo si rimproverarono la morte di Ted. Così Clark decise di non volerne più sapere: quella casa era diventata solo urla e lacrime da quando Ted era morto, e lui aveva iniziato a detestarla.

«Vi odio entrambi…», mormorò, con le lacrime che gli rigavano le guance. «VI ODIO, MAMMA E PAPÀ! Non voglio vivere con voi! Andrò da Ted, perché è l’unico che mi ama!»

Clark uscì di corsa dalla camera, raccolse i dalie che lui e Ted avevano coltivato in giardino, e corse verso la tomba del fratello, al cimitero a poche strade da casa.

«Vedi?», ringhiò Paul a sua moglie, «l’hai fatto piangere di nuovo. Sarai contenta ora? Non possiamo andare avanti così!»

«Io? L’ho fatto piangere? Basta incolpare me!»

Linda e Paul continuavano a litigare, senza accorgersi che il loro ragazzino era fuggito da solo al cimitero. Clark singhiozzava poggiando le dita sulla lapide del fratello, scorrendo sulle lettere incise:

In memoria di Ted Wesenberg.

Clark scoppiò in lacrime al cospetto della tomba: Ted gli mancava così tanto! «Mi manchi, Ted», pianse. «Puoi chiedere agli angeli di riportarti da me? …e mamma e papà litigano sempre. Ted, non mi amano più. Mi odiano, non si prendono cura di me. Torna, per favore? Nessuno gioca a calcio con me, nemmeno papà…»

Non si era mai sentito così solo in vita sua. Depose i dalie sulla tomba e si sedette sull’erba, raccontando al fratello quanto si sentisse ignorato e abbandonato.

Il cuore di Clark si calmò finalmente dopo aver condiviso i suoi pensieri, e non si accorse che le ore passavano e il cielo si faceva scuro. Il cimitero era deserto, senza un’anima in vista. Eppure Clark decise di non tornare a casa: era la prima volta da quando Ted era morto che si sentiva in pace.

Improvvisamente udì il fruscio di foglie secche alle sue spalle, come se qualcuno stesse attraversando il cimitero. Clark si guardò intorno con paura: chi poteva essere a quell’ora? Saltò in piedi, terrorizzato, mentre il rumore si faceva più forte.

Impaurito di non essere più solo, Clark si volse per scappare, ma era troppo tardi. Vide alcuni uomini vestiti di nero, con i volti coperti da cappucci, che brandivano torce infuocate. «Guardate chi è arrivato nel nostro oscuro regno! Non avresti dovuto rischiare di venire qui, ragazzo!», urlò uno di loro avvicinandosi.

«Chi… chi siete?», balbettò Clark in lacrime. «Stavo per andarmene. Vi prego, lasciatemi andare!»

Clark tremava, incapace di capire cosa fare. Quegli uomini non lo lasciavano fuggire. Improvvisamente udì una voce ferma: «Chad, vattene! Non far del male a questo bambino! Quante volte devo ripeterti di non radunarvi nel mio cimitero con i vostri riti stupidi?»

Clark vide un uomo alto, elegante, sulla cinquantina, che si avvicinava. «Non preoccuparti, ragazzo», disse con calma. «Questi qui non faranno nulla: sono solo dei mocciosi!»

«Dai, signor Bowen!», sbuffò Chad togliendosi il cappuccio. «Se non possiamo tenere i nostri rituali qui, dove dovremmo farli?»

«E se invece di bruciare i vostri brutti compiti cominciaste a studiare? E non avvicinarti a questo ragazzo, altrimenti racconto a tua madre che fumi con gli amici qui ogni sera. Ora, su», disse rivolto a Clark: «Vieni, ti riporto a casa.»

Il signor Bowen sembrava rassicurante: si precipitò da Clark, gli prese un braccio e lo condusse in una piccola baracca, dove gli offrì una cioccolata calda. Poi chiese dove abitasse per poterlo riaccompagnare.

«E perché eri qui a quest’ora?», chiese il vecchio. Clark, sopraffatto dall’emozione, spiegò di essere venuto al cimitero per allontanarsi dalle urla, dal caos e dalla tristezza che regnavano in casa da quando Ted era scomparso.

Nel frattempo, a casa, Linda entrò nel panico. Aveva chiamato più volte Paul, ma non rispondeva. Erano passate più di due ore dalla loro lite, e lui non era tornato. Seduta al tavolo della cucina, aveva sfogato col telefono tutto il suo dolore, senza accorgersi che Clark non c’era. Solo quando riattaccò si rese conto dell’assenza del figlio: dove poteva essere?

Il cuore di Linda batteva a mille quando controllò l’ora: erano già passate le 23. Cercò Clark in ogni stanza, nel giardino, ma senza esito. Richiamò Paul, disperata: «Rispondi, Paul! Che faccio ora?»

All’improvviso si ricordò: «Il cimitero! Voleva vedere Ted!» Prese le chiavi, chiuse di fretta casa e corse verso il luogo sacro. In strada vide l’auto di Paul: lui abbassò il finestrino. «Cosa fai qui?», chiese lui. «Clark non è tornato!», rispose lei salendo in macchina. «Portami al cimitero!»

«Cosa?», gridò Paul mentre partiva. «Ma… sei sicura?» «No, Paul!», sospirò lei, «eravamo troppo occupati a litigare per accorgercene!»

Arrivati al cimitero, Linda e Paul corsero verso la tomba di Ted, ma Clark non c’era. «Clark! Dove sei?» gridò Linda. Proprio allora Paul la scosse: «Guarda!» In lontananza videro fuochi e adolescenti in tuniche nere intenti in un rito.

«Oh mio Dio», esclamò Linda. «Credi che abbiano fatto qualcosa a Clark?» «Aspetta», la calmò Paul. Si avvicinò ai ragazzi e mostrò loro una foto del figlio: «Avete visto questo bambino?»

Uno dei giovani, spaventato, rispose: «È stato sfortunato a venire qui. Gli tenebrosi regnano qui, siamo guardiani del loro mondo. È colpa sua!» Paul lo afferrò per il colletto: «Hai capito? Se non dici dove è mio figlio, te la farò pagare!» Gli amici fuggirono, ma Chad, tremando, disse: «Va bene, va bene! Sono Chad, ho visto vostro figlio. Non gli abbiamo fatto nulla. È il signor Bowen, il custode: l’ha portato lì vicino!»

Quando i genitori arrivarono alla piccola abitazione del signor Bowen, videro Clark seduto sul divano con il vecchio: volevano corrergli incontro, ma si fermarono ad ascoltare. Clark parlava dei suoi dolori, e il signor Bowen lo esortava a riconciliarsi con la famiglia: «Ti vogliono ancora bene, ragazzo mio. Quello che è successo è l’incubo peggiore per un genitore, ma se mostriamo loro un po’ di gentilezza…»

«Ha ragione», annuì Clark. «Signor Bowen, lei è davvero il custode del cimitero?»

Il vecchio scoppiò a ridere: «Perché lo chiedi?»

«Perché lei è elegante e capisce le persone, anche meglio di papà e mamma. Qual è il suo segreto?»

Gli occhi di Bowen si riempirono di lacrime: «Mi hai raccontato la tua storia, Clark. Ora lascia che ti racconti la mia: ero psicologo. Aiutavo famiglie e coppie nelle crisi, ma mi immersi tanto nel lavoro da trascurare mia moglie e mia figlia.» «E… se ne sono andate?» «No», singhiozzò Bowen. «Un giorno fecero le valigie, presero mia figlia e partirono. L’aereo su cui viaggiavano si schiantò. Morirono entrambe.»

Non potendo più trattenere il pianto, il vecchio disse: «Allora lascia che io diventi custode, così almeno sto vicino a loro. Mi mancano ogni giorno.»

Invece di piangere per ciò che non c’è più, apprezza ciò che hai ancora. Linda e Paul, commossi, si commisero: avevano ancora un motivo per sperare, un figlio vivo che aveva bisogno di amore.

«Mi dispiace tanto, tesoro!», singhiozzò Linda abbracciando Clark. Paul strinse la mano al signor Bowen: «Grazie per aver salvato nostro figlio. Vorremmo chiederle aiuto: abbiamo bisogno di un terapista per superare questa perdita.»

Bowen, toccato dalla richiesta, accettò. In pochi mesi la pace tornò in casa Wesenberg. Ted restò sempre nei loro cuori, ma la famiglia imparò a guardare al futuro con speranza.

Il signor Bowen riprese la sua attività di psicologo, aiutando altre famiglie ferite. E ogni volta, sul suo cammino verso il cimitero, deponeva sul sepolcro di moglie e figlia dei freschi dalie, in ricordo del loro amore eterno.

Advertisements

Leave a Comment