HO SENTITO UNA GIOVANE DONNA PER STRADA CANTARE LA STESSA CANZONE CHE MIA FIGLIA CANTAVA PRIMA DI SCOMPARIRE 17 ANNI FA, COSÌ MI SONO AVVICINATO.
Stavo tornando dal lavoro, perso nei pensieri sulle bollette da pagare quella sera. Ma appena girai l’angolo della piazza della città, una melodia familiare raggiunse le mie orecchie e mi bloccai sul posto.
Era la canzone che cantavo con mia figlia Lily prima che scomparisse 17 anni fa.
Era una canzone che avevo inventato solo per lei, una piccola ninna nanna su un campo di fiori e luce che avrebbe illuminato i suoi sogni. Nessun altro poteva conoscerla. Nessuno.
Eppure, eccola lì, chiara come il cristallo, cantata da una giovane donna dall’altra parte della piazza, gli occhi chiusi e un sorriso sereno sul volto.
Quella melodia mi riportò indietro nel tempo, a quando la mia bambina riempiva la nostra casa di calore e gioia. Lei era il centro del nostro mondo, e la sua improvvisa scomparsa aveva lasciato un vuoto incolmabile nelle nostre vite.
Tutti i pensieri che mi affollavano la mente svanirono all’istante, e sentii le mie gambe muoversi da sole, senza più controllo.
La mia mente mi diceva che era impossibile, che non poteva essere lei, ma il mio cuore mi spingeva ad avvicinarmi.
Quella giovane mi sembrava terribilmente familiare, quasi dolorosamente. I suoi capelli scuri cadevano in dolci onde attorno al viso, e il suo sorriso mi ricordava le foto e i ricordi che avevo riguardato mille volte.
Aveva persino una fossetta sulla guancia sinistra, proprio come Cynthia, mia moglie.
Era tutto troppo incredibile, troppo bello per essere vero, ma dentro di me sentivo qualcosa, un presentimento che solo un genitore può comprendere.
Era possibile? Poteva essere davvero la mia Lily?
Mi avvicinai con il cuore in gola. La osservai terminare la canzone e aprire gli occhi. Mi sorprese mentre la fissavo, ma abbassò subito lo sguardo mentre la folla applaudiva.
— Grazie a tutti per avermi ascoltata! — disse con un grande sorriso. Buona giornata a voi!
Poi, i suoi occhi incrociarono i miei e il suo sorriso si spense leggermente vedendo l’espressione sul mio volto.
— Sembra che la mia esibizione non le sia piaciuta, — disse avvicinandosi. Sono stata così pessima?
— Oh, no, no, — risposi con un sorriso nervoso. È solo che… questa canzone è speciale per me. Molto speciale.
— Davvero? — chiese curiosa. Anche per me lo è. È uno dei pochi ricordi che ho della mia infanzia. La canto da sempre. È tutto ciò che mi è rimasto di quel periodo.
Mi sentii gelare. Come faceva a dire una cosa del genere?
— Cosa intendi dire? — chiesi, cercando di mantenere la calma.
— È una lunga storia, — disse guardando l’orologio. Forse un’altra volta.
— Per favore, — insistetti, con il cuore che batteva a mille. Le offro un caffè, possiamo parlare, se non le dispiace.
Mi guardò per un attimo, come per valutarmi, poi annuì.
— Va bene… perché no?
Ci sedemmo in un bar poco distante. Più la osservavo, più mi sembrava familiare. I suoi occhi, il suo sorriso, persino la sua voce… tutto mi riportava a casa.
Era come se un pezzo mancante della mia vita fosse improvvisamente riapparso.
— Ha una voce bellissima, — le dissi, cercando di nascondere l’emozione.
— Grazie, — sorrise. In realtà, ero solo di passaggio in questa città per lavoro quando ho sentito questa band suonare. Hanno chiesto se qualcuno voleva cantare e, beh, non ho resistito.
— Questa canzone… dove l’ha imparata? — chiesi con un nodo alla gola.
Sospirò guardando il suo caffè.
— Non l’ho mai imparata davvero. È solo… tutto ciò che ricordo della mia infanzia. La cantavo o la canticchiavo sempre. I miei genitori adottivi dicevano che era come il mio inno personale.
Genitori adottivi?
— Mi hanno presa con loro quando ero piccola, — disse con un sorriso triste. Ma ho sempre avuto la sensazione che mi mancasse qualcosa, come se non conoscessi tutta la mia storia.
Sentii il cuore mancare un battito.
— Credo che il mio nome fosse Lily, — sussurrò piano. Ma non ne sono sicura. Mi hanno chiamata Suzy, ed è quello che sono diventata.
Mi sentii paralizzato.
— Mia figlia… — dissi con la voce rotta. Si chiamava Lily. È scomparsa 17 anni fa. Non l’abbiamo mai trovata.
I suoi occhi si spalancarono. Poi, con un filo di voce, chiese:
— Sua moglie si chiamava Cynthia?
— Sì, — risposi, la gola secca. E io mi chiamo John.
Un silenzio incredulo calò tra noi. Poi, le lacrime iniziarono a scendere sui nostri volti.
Ci abbracciammo, lasciando che 17 anni di dolore, speranza e ritrovamento ci travolgessero in quell’istante.
Quella giornata cambiò la mia vita per sempre.
La bambina che avevamo pianto per così tanto tempo era tornata, come un miracolo.