Per strada, una donna mi ha dato un bambino e una valigia piena di soldi, e sedici anni dopo ho scoperto che era l’erede di un miliardario.

«Prendilo, ti prego!» La donna praticamente mi spinse tra le mani una valigia di pelle logora e mi spinse contro il bambino.

Quasi mi cadde la borsa con il cibo; portavo delle leccornie dalla città ai nostri vicini del villaggio.

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«Cosa? Ma io non ti conosco…»

«Si chiama Misha. Ha tre anni e mezzo.» La donna mi afferrò la manica; le nocche le diventavano bianche. «Nella valigia… c’è tutto ciò di cui ha bisogno. Non lasciarlo, ti prego!»

Il bambino si strinse contro la mia gamba. Mi guardava con i suoi grandi occhi marroni, i riccioli biondi arruffati e un graffio sulla guancia.

«Non puoi essere seria!» Cercai di tirarmi indietro, ma la donna ci stava già spingendo verso il vagone.

«Non puoi fare così! La polizia, i servizi sociali…»

«Non c’è tempo per spiegare!» La sua voce tremava di disperazione. «Non ho altra scelta, capisci? Nessuna!»

Un gruppo di villeggianti ci spinse dentro il vagone affollato. Mi voltai: la donna era ancora sulla banchina, le mani premute sul volto. Le lacrime le colavano tra le dita.

«Mamma!» Misha fece un passo verso la porta, ma lo fermai.

Il treno si mise in moto. La donna diventava sempre più piccola finché scomparve nel crepuscolo.

In qualche modo ci sedemmo su una panchina. Il bambino si accoccolò accanto a me e annusò la mia manica. La valigia pesava, mi tirava il braccio verso il basso. Dentro cosa c’era, mattoni?

«Zietta, mamma tornerà?»

Tornerà, piccolo. Tornerà di sicuro.

Gli altri passeggeri ci guardavano incuriositi. Una giovane donna con uno strano bambino e una valigia malandata: una scena insolita, davvero.

Per tutto il viaggio continuai a pensare: che follia è mai questa? Uno scherzo? Ma che genere di scherzo? Il bambino era reale, caldo, e profumava di shampoo e biscotti.

Pietro stava accatastando legna nel cortile. Quando mi vide con il bambino, si bloccò con un ciocco tra le mani.

«Masha, da dove arrivi?»

«Non da dove, ma da chi. Ti presento Misha.»

Gli raccontai tutto mentre cucinavo semolino per il bambino. Mio marito ascoltava, corrucciato, e si strofinava l’attaccatura del naso, segno che stava riflettendo intensamente.

«Dobbiamo chiamare subito la polizia.»

«Pietro, e cosa direi? Che mi hanno consegnato un bambino come un cucciolo alla stazione?»

«E allora che proponi?»

Misha divorava la pappa, sporcandosi il mento. Era molto affamato, ma cercava di mangiare con cura, tenendo bene il cucchiaio. Un bambino educato.

«Almeno vediamo cosa c’è nella valigia,» annuii.

Facemmo sedere Misha davanti alla TV e mettemmo Nu, pogodi! La valigia si aprì con un clic.

Trattenni il respiro. Soldi. Mucchi e mucchi di banconote legate con fascette di sicurezza.

«Mio Dio,» sospirò Pietro.

Presi a caso un pacchetto. Banconote da cinquemila rubli, da cento rubli. Ce n’erano almeno una trentina.

«Quindici milioni,» sussurrai.

«Pietro, è una fortuna.»

Ci guardammo e poi guardammo il bambino che rideva davanti al cartone animato.

Il tempo passò. Misha crebbe con noi: a quattro anni sapeva già leggere, a cinque faceva i conti. A scuola lo chiamavano prodigio. Vivevamo con cautela, ma con amore. Era diventato nostro figlio.

Anni dopo, arrivò una lettera. Una madre che aveva finto la propria morte per salvarlo da uomini senza scrupoli. Suo padre era un miliardario, proprietario di un fondo d’investimento. A Misha spettava un’eredità immensa.

Quando il ragazzo lesse la lettera, le mani gli tremavano. Poi ci abbracciò forte:

«Avete cresciuto voi me. Siete la mia vera famiglia. Se ci sarà qualcosa, lo divideremo in tre. Punto.»

E così fu. Tra avvocati, parenti improvvisi e giornalisti, la nostra vita cambiò. Ci trasferimmo in città, costruimmo una nuova casa, Pietro aprì una fabbrica di mobili, io curai il giardino, e Misha divenne un giovane genio della finanza.

Un giorno propose: «Creiamo un fondo per i bambini orfani. Così anche loro avranno la possibilità di avere una famiglia.»

«Lo chiameremo Piattaforma della Speranza,» dissi.

E così, dal gesto disperato di una donna su un binario, nacque la nostra famiglia. Non per il sangue, ma per amore.

E quel bambino divenne il figlio più amato del mondo.

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