Mia figlia di cinque anni si rifiutava di tagliarsi i capelli, dicendo: «Voglio che il mio vero papà mi riconosca quando tornerà».

Quando mia figlia di cinque anni si rifiutò di tagliarsi i capelli, non ci diedi molto peso – fino a quando non disse che voleva tenerli lunghi per il suo “vero papà”. Quelle parole mi fecero gelare il sangue. Di chi stava parlando? C’era qualcuno nella vita di mia moglie di cui non avevo la minima idea?

Mi chiamo Eduard, e questa storia parla di mia figlia Lilia.

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Lilia è la luce delle nostre vite. Ha soltanto cinque anni, ma è un vortice di energia e curiosità: fa domande incessanti e sciorina battute così divertenti che non possiamo fare a meno di ridere. È intelligente, dolce, e il suo sorriso è capace di illuminare anche la giornata più grigia. Yana ed io non potremmo essere più orgogliosi di essere suoi genitori.

Ma la scorsa settimana è accaduto qualcosa che ha ribaltato il nostro mondo.

Tutto è cominciato qualche mese fa, quando Lilia improvvisamente ha smesso di lasciarci tagliare i suoi riccioli. Quelle morbide ciocche, che di solito amava pettinare e sistemare, per lei erano diventate quasi sacre. La trovavamo seduta sul pavimento del bagno, gambe incrociate, abbracciata ai suoi capelli come se fossero il suo tesoro più prezioso.

«No, papà», ripeteva con fermezza. «Voglio che i miei capelli restino lunghi».

All’inizio Yana ed io pensammo fosse una delle solite fantasie da bambino. Ai piccoli capitano queste cose, no? La mamma di Yana, Carolina, aveva sempre criticato il taglio corto di sua figlia, dicendo che “non era abbastanza femminile”, così decidemmo che forse Lilia voleva semplicemente esprimere il suo stile.

«Va bene», dissi allora. «Se non vuoi, non toccheremo i tuoi capelli».

Poi capitò l’incidente con la gomma da masticare. Quel classico disastro che ogni genitore teme ma spera di non dover mai vivere. Lilia si addormentò sul divano guardando un cartone – la gomma in bocca – e al mattino si ritrovò una matassa informe e incollata. Provammo di tutto: olio, ghiaccio, persino un rimedio strambo con l’aceto trovato su internet. Nulla funzionò. Capimmo che avremmo dovuto brandire le forbici.

Yana si sedette accanto a Lilia con un pettine in mano.

«Piccolina, dobbiamo tagliare un pochino i capelli», sussurrò dolcemente. «Solo la parte con la gomma».

Quello che accadde in seguito ci colse completamente di sorpresa. Lilia strinse i capelli fra le mani come se stesse lottando per la vita e gridò:

«No! Non potete! Voglio che il mio vero papà mi riconosca quando tornerà!»

Yana rimase paralizzata, e io avvertii il cuore cadermi in gola.

«Cosa hai appena detto, Lilia?» chiesi, chinandomi al suo livello.

Mi guardò con gli occhi lucidi, come se avesse appena rivelato un segreto terribile.

«Io… io voglio che il mio vero papà sappia che sono io», sussurrò.

Yana ed io ci scambiammo uno sguardo incredulo. Respirai a fondo, cercando di non tradire la mia confusione.

«Lilia, tesoro, io sono tuo papà. Perché pensi il contrario?»

Le sue labbra tremarono, e con voce flebile rispose:

«La nonna ha detto…»

«Cosa? Carolina? Perché mai avrebbe detto una cosa del genere? Chi sarebbe questo “vero papà” di cui parli?»

Yana la prese delicatamente per mano.

«Raccontaci esattamente cosa ti ha detto la nonna, piccola», la invitò.

Lilia esitò, poi annuì.

«Ha detto che devo far crescere i capelli, così il mio vero papà mi riconoscerà quando tornerà. Ha detto che si arrabbierà se non mi riconosce».

Non riuscivo a credere alle mie orecchie.

«Lilia», la interruppi, «cosa significa per te “vero papà”?»

Lilia scoppiò a singhiozzare e abbassò lo sguardo sui suoi piccoli pugni.

«La nonna ha detto che tu non sei il mio vero papà. Che il mio vero papà se n’è andato, ma un giorno tornerà. E se avrò un aspetto diverso, non mi riconoscerà».

«Tesoro», disse Yana, «tu non hai fatto niente di sbagliato. Non è colpa tua. Ma dobbiamo capire cosa esattamente ti ha raccontato la nonna. Puoi spiegarci?»

Ancora una volta, Lilia esitò, poi confessò a bassa voce:

«È un segreto. Ha detto che non devo dirlo né a te né a papà, altrimenti si arrabbierà. Ma io non voglio che nessuno si arrabbi…»

Mi si strinse il cuore e faticai a trattenere le lacrime.

«Lilia», dissi piano, «tu sei amata. Da me, da mamma, e da chiunque ti conosca. Nessuno vuole arrabbiarsi con te. E la nonna non avrebbe dovuto dirti una cosa del genere».

Gli occhi di Yana si riempirono di lacrime e lei abbracciò forte Lilia.

«Tu sei nostra figlia, Lilia. Tuo papà — il tuo vero papà — sono io, e lo sono sempre stato».

Lilia annuì lentamente, asciugandosi le lacrime col braccio. Ma il danno era fatto. Come aveva potuto Carolina infondere un dubbio simile in un bimbo?

Quella notte, mentre Lilia dormiva, Yana ed io restammo in salotto.

«Ma come ha potuto?», sibilò Yana.

«Non lo so», risposi, «ma ha esagerato. Domani ne parleremo con lei».

La mattina seguente, Yana chiamò Carolina e la invitò a casa nostra. Quando Carolina varcò la soglia, come al solito sembrava imperturbabile, ma Yana non aveva voglia di chiacchiere. Appena la vide:

«Mamma, cosa ti è preso?», esplose Yana. «Perché hai detto a Lilia che Eduard non è suo padre? Ti rendi conto del danno che hai fatto?»

Carolina si bloccò, sorpresa dall’aggressività.

«Calmatevi», disse alzando una mano. «Esagerate tutto. Era solo una storia, niente di grave».

«Una storia?!», intervenni. «Per mesi Lilia ha avuto paura delle forbici a causa di questa “storia”!»

Carolina roteò gli occhi, come se stessimo drammatizzando.

«Volevo solo che avesse i capelli lunghi», ammise infine. «Dopotutto è una bambina! Non volevo quel taglio maschile che hai tu, Yana».

A Yana cadde la mascella.

«Mi hai mentito? Le hai fatto credere che suo padre non è suo padre solo per costringerla a far crescere i capelli? Ti rendi conto di quel che dici?»

«Tanto non se lo ricorderà», ribatté Carolina. «Ma il taglio lo vedranno le foto per sempre».

«Non è questione di capelli, Carolina!», urlai. «Hai distrutto la fiducia nella nostra famiglia. Questo non è normale!»

Carolina serrò le labbra, poi pronunciò la frase che fu la goccia che fece traboccare il vaso:

«Beh, conoscendo il passato di Yana, chissà se sei tu veramente il suo padre…»

PACE! Non ce la feci a trattenere la rabbia. Yana non resisté oltre.

«Vai via», disse gelida, indicando la porta. «Non sei più la benvenuta in casa mia».

Carolina tentò di giustificarsi borbottando che “non era quello che intendeva”, ma io ero già alla porta.

«Adesso esci, Carolina».

Lei buttò un ultimo sguardo furioso oltre la spalla, borbottò qualcosa di incomprensibile e se ne andò. Chiusi la porta e tornai da Yana, che si era accasciata sul divano, coprendosi il volto con le mani. Mi sedetti accanto a lei e l’abbracciai.

«Ce la faremo», sussurrai, pur sentendo ancora la rabbia ribollire dentro di me.

Yana annuì, ma nei suoi occhi vedevo ancora il dolore.

«Non riesco a credere che mia madre sia capace di una cosa del genere…»

Quella sera passammo del tempo con Lilia, cercando di rassicurarla nel modo più delicato possibile. Le presi le manine e la guardai negli occhi.

«Lilia, io sono tuo papà. Lo sono sempre stato e sempre lo sarò. Tutto ciò che ti ha detto la nonna è falso, ok?»

Lilia annuì.

«Quindi… tu sei il mio vero papà?»

«Certo, tesoro», risposi sorridendo. «Sempre».

«La nonna non avrebbe dovuto dirlo», aggiunse Yana. «Si è sbagliata. Ma tu non c’entri niente. Ti vogliamo tantissimo bene, Lilia. Non dimenticarlo mai».

Sembrava che Lilia si fosse calmata un po’, ma rimaneva nervosa quando Yana riprese in mano le forbici. Sì, la gomma era ancora lì.

«Proprio un pochino?», chiese Lilia, aggrappandosi alla ciocca incollata.

«Solo un po’, tesoro», le rispose Yana. «Poi ricrescerà in fretta. E soprattutto starai più comoda».

Dopo un attimo, Lilia annuì.

«Va bene. Ma proprio un pochino».

Quando Yana tagliò via la gomma con delicatezza, sul volto di Lilia comparve un lieve sorriso.

«Papà?», mi chiamò.

«Dimmi, amore».

«Quando i capelli saranno ricresciuti… posso colorarli di rosa?»

Yana ed io scoppiammo a ridere.

«Se vuoi, certo», risposi accarezzandole i ricci.

Nei giorni seguenti tutto tornò lentamente alla normalità. Lilia sembrava più serena e chiese a Yana di farle le trecce per la prima volta dopo mesi. Quanto a Carolina, abbiamo interrotto ogni rapporto con lei: finché non capirà davvero l’errore che ha commesso, non avrà più posto nella vita di nostra figlia. È stata una decisione difficile, ma la nostra priorità è proteggere Lilia. Faremo di tutto perché sia felice.

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