«Senza di me non sei niente, sciocca di campagna!» le lanciò beffardamente. Ma ben presto il suo volto impallidì quando venne a sapere del suo piano di vendetta. «Senza di me non sei niente, sciocca di campagna!» ripeté, alzando orgogliosamente il mento. Le sue parole colpirono come uno schiaffo. Ma lei non rispose. Si limitò a ricambiarne lo sguardo in modo silenzioso, freddo… quasi indifferente. Passarono tre settimane. Entrò nell’ufficio del suo nuovo posto di lavoro, pieno di sicurezza… e si bloccò di colpo. Lei era seduta dietro la scrivania del direttore: Maria. In tailleur, i capelli raccolti con cura, una cartella in mano e lo stesso sguardo gelido. — Si accomodi — disse distaccata. — È qui per un colloquio? Lui scivolò silenzioso su una sedia, incapace di proferire parola. La vendetta non fu clamore né spettacolo. Arrivò in punta di piedi… ma perfetta. Seduto di fronte a lei sentiva i palmi delle mani sudati, la cravatta che gli stringeva il collo. Si sentiva di nuovo piccolissimo, di fronte a un passato che pareva divorarlo. Maria sfogliò lentamente il suo curriculum, come se lo vedesse per la prima volta. — Era un dirigente? O solo bravo a fare chiacchiere? — chiese, senza distogliere lo sguardo dalla carta. Lui sussultò: — Maria… ascolta… — Non «Maria» — la interruppe lei. — Per te sono Alekseyevna. Il silenzio calò pesante tra loro. La sua mai più riaquistata sicurezza era svanita nel nulla. E pensare che non molto tempo prima lui l’aveva definita «niente», ridendone con spavalderia. Lei, che aveva cucinato i suoi pasti, lavato le sue camicie, creduto in lui. E lui l’aveva lasciata, sola, senza voltarsi indietro, abbandonandola a debiti, sogni infranti e agli sguardi giudicanti del villaggio. Ma lei non si era spezzata. Se ne era andata. Aveva studiato. Lavorato di notte. Aveva scalato posizioni, passo dopo passo, anno dopo anno. E ora era lì. E lui, umiliato, implorava pietà. — Non abbiamo posti adatti — chiuse la cartella. Lui alzò lo sguardo, gli occhi colmi di vergogna, supplica, dolore. — Per favore… capisco tutto. Sono stato uno stupido. Dammi una possibilità… Lei si alzò, lo oltrepassò e si fermò sulla soglia. — Già ne hai avuta una. E l’hai persa. Si voltò e se ne andò. Lui rimase solo. In un ufficio vuoto. Con un cartello sulla porta: Maria Alekseyevna Smirnova, Amministratore Delegato Maria chiuse la porta alle sue spalle e si fermò nel corridoio. Il cuore le batteva come se avesse appena corso una maratona. Tutto era stato giusto. Freddo. Precisissimo. Come doveva essere. Eppure, dentro, tremava. Non per paura, ma per i ricordi. Nel profondo, riaffiorava l’immagine di quel ragazzo: allegro, spavaldo, sicuro di sé. Quello di cui lei si era innamorata. Sgarbato e presuntuoso, ma in lui lei vedeva un uomo. Quando lui se ne era andato, non le aveva solo spezzato il cuore: le aveva distrutto la fiducia in sé stessa. Eppure lei era rinata. Senza di lui. Più forte. E ora lui era tornato. Rotto. C’era qualcosa nel suo sguardo che le ricordava la sé stessa di una volta: quella Maria di campagna che non sapeva quanto lavoro e fatica servissero per diventare se stessa. Quella sera rimase in ufficio da sola. Il suo curriculum giaceva sul tavolo, piegato, non gettato via. Lo fissò per lunghi istanti, poi prese una penna e tracciò un indirizzo e un orario. Il giorno dopo, a mezzogiorno, lui si trovò davanti all’ingresso della vecchia biblioteca del villaggio. Non un ufficio, non un bar, nessuna vetrina per mettersi in mostra. Entrò — e si bloccò. Lei era in mezzo alla sala, senza tailleur, senza maschere. Solo Maria. Quella stessa, con un abito semplice e lo sguardo pieno di ricordi. — Ciao — disse a bassa voce. — Non è un colloquio. È una conversazione. Una. Ultima. Lui annuì. E, per la prima volta in tanti anni, non recitò alcun ruolo. Si sedette accanto a lei. — Non chiedo perdono — cominciò. — Non lo merito. Ma vorrei ricominciare. Almeno da zero. Almeno senza di te. — Allora perché sei venuto? — Perché l’unica persona con cui voglio essere onesto sei tu. Silenzio. Lungo. Ma non crudele. Quasi caldo. Lei guardò fuori dalla finestra, poi lo fissò. E per la prima volta da anni, sorrise. — Va bene — disse Maria. — Primo incarico: corriere nella mia azienda. Imparerai il mestiere dal gradino più basso. Lui, sorpreso, annuì. — E niente favori. — Non li chiedo. Lei si alzò, si avvicinò e gli porse la mano. — Buona fortuna, Ivan. Lui la strinse — deciso, per davvero. E in quel momento capì: la vendetta è solo una forma… Leggi la storia completa nel primo commento.
«Sei una campagnola, non sei niente senza di me!», disse beffardamente a Maria, sollevando il mento con orgoglio. Le sue parole colpirono Maria come uno schiaffo, ma lei non rispose. La fissò soltanto – silenziosa, composta e stranamente distaccata. Tre settimane dopo, lui fece il suo ingresso nel nuovo luogo di lavoro con fare tronfio … Read more